Scientismo e tecnocrazia: la nuova forma del potere invisibile
La verità non ha più nemici dichiarati, ma soltanto custodi autoproclamati. È così che la scienza, da metodo di conoscenza, rischia di diventare una fede civile.
Roberto Bonuglia
11/3/20252 min read
Negli anni della pandemia, molti hanno preferito dimenticare. Eppure, bastano pochi anni di distanza per accorgersi che il problema non è passato: si è solo trasformato. In nome della sicurezza, si è imposto un modello di potere nuovo, più sottile e pervasivo di qualunque autoritarismo del Novecento. Non più il totalitarismo delle armi o della propaganda, ma quello dei protocolli, dei decreti, delle “linee guida”.
È nato così un tipo inedito di obbedienza, fondata sull’autorità del tecnico e sulla sacralità della scienza. In Australia, in Canada, perfino in alcune regioni degli Stati Uniti, si è arrivati a sospendere diritti elementari appellandosi al “consenso scientifico”. Non era più la legge a decidere, ma il verbo della scienza, tradotto in ordini.
Ma la scienza — quella vera — non è mai un dogma. È un metodo, un dialogo continuo con l’incertezza, un esercizio di umiltà. La sua forza sta nel dubbio, non nella certezza. Eppure, in quei mesi, chiunque provasse a porre domande si ritrovava automaticamente marchiato come “negazionista”, “anti-scientifico”, “irresponsabile”. Il dibattito pubblico è stato sostituito da un monologo tecnocratico che ha fatto della paura il suo strumento più efficace.
Il filosofo Augusto Del Noce, già negli anni Sessanta, aveva intuito il pericolo: il vero erede dei totalitarismi del Novecento non sarebbe stato un regime politico, ma un sistema culturale fondato sulla riduzione dell’uomo a dato biologico. Lo chiamava “società tecnologica”, un mondo in cui la ragione non cerca più il vero, ma solo ciò che funziona. L’uomo smette di chiedersi “perché” e si accontenta di sapere “come”.
È qui che nasce lo scientismo: la pretesa che solo ciò che è misurabile, verificabile e quantificabile abbia diritto di esistere. Tutto il resto — morale, arte, fede, affetti, memoria — diventa irrilevante, superstizione, residuo del passato.
Eppure, è proprio da quella parte invisibile dell’uomo che nascono il pensiero e la libertà. Quando la scienza si fa religione civile, la verità smette di essere un cammino e diventa un editto. E come ogni religione che ha perso la fede, anche lo scientismo esige sacrifici: non più vittime sull’altare, ma coscienze sul banco dell’obbedienza.
Il totalitarismo senza dittatore
Il potere che si esercita oggi non ha volto, né simboli. Non servono più campi di prigionia o censure ufficiali: bastano l’algoritmo, la piattaforma, il bollino di “attendibilità” che decide chi può parlare e chi deve tacere. È una forma di repressione tanto più efficace quanto più appare volontaria.
L’individuo non viene costretto al silenzio: è lui stesso, spaventato o rassegnato, a rinunciare alla parola. La verità non si proibisce: si etichetta come “non scientifica”.
Lo aveva previsto Eric Voegelin quando scriveva che “il tratto essenziale del totalitarismo è l’interdizione di certe domande”. Il segno del potere maturo non è la violenza, ma la delegittimazione del dubbio. E se la domanda è il primo atto di libertà, vietarla significa cancellare l’uomo come soggetto pensante.
Questa nuova ideologia, che si presenta come neutrale e razionale, in realtà è fondata su una convinzione metafisica tanto fragile quanto pericolosa: che la scienza sia l’unico linguaggio della verità. Ma questa è una fede, non una prova. È l’assolutizzazione del metodo che diventa dottrina, l’illusione che la somma dei dati equivalga alla comprensione del reale.
Il risultato è paradossale: nel momento in cui la scienza si dichiara infallibile, smette di essere scienza. E la società che la adora come un idolo non è più una comunità di liberi, ma un laboratorio di consenso.
Per approfondire
Agamben, G. (2023). La mente sgombra. Roma: Quodlibet.
Del Noce, A. (1971). Il problema dell’ateismo. Bologna: Il Mulino.
Voegelin, E. (1952). The New Science of Politics. Chicago: University of Chicago Press.
Bonuglia, R. (2023). All’ombra della Vulgata. Pagine epurate e distorsioni storiografiche nel Regno di Clio. Roma: Aracne.
